La scultura

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La Scultura

Alla scultura Carloni guarda come al luogo che racchiude il movimento circolare dello sguardo, soprattutto la ricerca di sprofondamento e di emersione dal magma della materia.

Nel toccare e modificare il corpo della terra c’è un erotismo felice che consiste nel materializzare il sogno della congiunzione, il desiderio di unire le figure che l’artista mette in scena senza drammaticità, con uno slancio che corrisponde al gusto dell’abbandono e dell’estasi.

Non c’è conflitto nell’abbraccio evidente dei corpi, ma una naturalezza espressiva che accompagna le distorsioni anatomiche, il disfarsi dei corpi entro il nucleo plastico, come forme che si sottomettono le une alle altre, ricevendo e restituendo energia nello stesso istante, senza pentimento alcuno e senza forzature.

Ogni opera nasce, cresce e si dilata attraverso il sentimento della fluidità e dell’apertura, sviluppando le proprie armonie e disarmonie in un divenire infinito di sollecitazioni che trovano nel valore della morbidezza il loro riferimento più palpabile. Abbracci, torsioni, deformazioni: le sculture di Carloni stabiliscono relazioni molteplici con lo spazio, entrano in rapporto con il vuoto, sembrano solidificare l’aria che circola intorno alle forme, in questo senso guardano alla grande tradizione plastica che rompe i confini della linea pura.

Per guardare questo tipo di scultura serve un’azione di corteggiamento della forma, non basta guardare un’opera come “L’abbraccio della vita”, bisogna esplorarla, assecondarla attraverso l’azione dell’occhio che balza da un punto all’altro.

[Tratto dalla recensione di Claudio Cerritelli]

In Atelier

Le Sculture

Le Sculture A Collare

Franco Carloni ha creato un tipo inedito di assemblaggio.
Al primo sguardo sembra un corpo composito dalle forme apparentemente astratte ma a ben guardare si comprende che in realtà sono due corpi: l’uno ha forma organica, l’altro è geometrico. Ma, entrambi, particolarmente intriganti per la loro mobilità interna.
Vi si articola il volume biomorfo di una scultura di bronzo, gravida di colori e masse opulenti, grazie al sovrapporsi di uno svelto cavo di acciaio che riunisce due sfere metalliche.
Il loro combinarsi ha il merito di fare scaturire dalla scultura gravida – come dal nulla, all’improvviso, complici la nostra immaginazione e la memoria visiva – certi profili di figure umane, umanissime, fin là invisibili. Sono le forme parlanti del caos. Anzi, recitanti.

A prima vista, il linguaggio dell’artista svizzero ci rimanda all’espressionismo astratto che sessant’anni aveva il nome di Informale. Là, dove le pitture e le sculture si liberarono dalla servitù delle rappresentazioni per farsi corpi autonomi che presentavano se stessi e basta. In realtà, sotto quel guanto c’è una mano costruttiva; e, sopra, una mente analitica. La sua costruzione bipolare è un oggetto doppiato da un evento, che consente di trasformare una forma astratta in una struttura, un’immagine figurativa solo temporanea in un avvenimento.

Di antico, ha più che altro la difficoltà di essere nominata, come tutte le cose nuove. Sarà comodo chiamare “collare” la struttura sovrastante e “ordine del collare” la scultura madre.

Non capita spesso d’incontrare opere d’arte sorprendenti, ma questa volta, finalmente, ho di che rallegrarmi. La rappresentazione di Franco Carloni è davvero straordinaria. I miei sensi acuiscono un insieme di percezioni tattili e visive non appena il dispositivo-cavaliere cavalca la scultura-cavallo. Meraviglia! Ambedue si fondono, adesso, in una metamorfosi reciproca. La massa della scultura-cavallo si trasforma in una figura umana: la vedo! Ha il profilo incerto della visione che sta sospesa nell’attimo fuggente. Mentre l’articolazione del dispositivo-cavaliere disegna la figura sfuggente, la sua presenza mantiene un’energia che si rinnova: l’ho provata. Ben presto ho spostato il collare per rintracciare altre figure, infatti…

… Dico subito che mi ha rianimato a prima vista. Sorpresa! Sulle sculture di Carloni c’è un’altra scultura, che pare cavalcarle. Strano, due palle bronzee, unite da un mobile cavo d’acciaio, sormontano il corpo informe, o quasi, di una scultura. Cosa sono? Un laccio discobolo, un gioiello a bracciale, un arco voltaico, una catena molecolare, un giogo? O è un dispositivo linguistico, fin qui mai visto? La prima certezza è che anch’io, tramite loro, posso intervenire nella configurazione di tali sculture. Carloni mi permette di essere uno spettatore attivo che dialoga con il suo lavoro.

[Tratto dalla recensione di Tommaso Trini del 2002]

Il Mio Mondo Nel Mondo

Il 27 settembre 2013, in occasione dei 25 anni dalla scomparsa di Enzo Ferrari (Drake), è stata posizionata, all’entrata del parco che il Comune di Maranello gli ha dedicato, la scultura monumentale dell’artista Franco Carloni.

Ho conosciuto Enzo Ferrari negli anni ’70, quando la Ferrari, dopo l’incidente di Lauda, decise di installare sulle sue monoposto i miei impianti automatici di sicurezza antincendio in caso di perdita dei sensi del pilota.
Quando Enzo Ferrari entrava in officina non volava una mosca; la sua presenza, il suo sguardo dominavano l’ambiente.
Conoscerlo è stata un’esperienza coinvolgente.
Fin da allora ho sentito l’esigenza di esprimere le forti sensazioni provocate in me dall’incontro con il mitico Ferrari, detto Drake.
Negli anni con il progredire della mia parallela attività artistica, ho maturato le forme della presente scultura, appositamente creata per rendergli omaggio. Quest’opera creativa va intesa come un mondo particolare che prende posto nel mondo generale, un microcosmo nel cosmo, da cui il titolo della scultura “Il mio mondo nel mondo”.
Con questa creazione artistica intendo raccontare la leggenda del Drake attraverso i segni delle sue conquiste più intime. Non bolidi stilizzati, ma una condizione globale dello spirito umano: quello della gravidanza.

Un’espansione plastica, al centro della scultura, sta ad indicare il serbatoio di un grande destino che, simile a un grembo, è gravido di tutte quelle lotte e quelle vittorie che accompagnano la crescita del suo mito.
L’elica dell’aereo rappresenta il trapasso del cavallino nel cuore della Ferrari. Nel lontano 1923 la Contessa Baracca affidò a Enzo Ferrari il cavallino rampante, simbolo del figlio Francesco, asso degli assi dell’aviazione, come portafortuna e testimone di un’idea di eroismo e genialità, una staffetta del destino. Enzo Ferrari legò inscindibilmente il cavallino rampante, sul fondo giallo del colore di Modena, alla storia della Ferrari e del mondo.
I cerchi nella scultura rappresentano i suoi progetti creativi, gli autodromi in cui hanno avuto luogo numerosi gran premi, ma anche i rischi e le gioie del costruttore, la sua gravidanza, nonché le prove umane dell’uomo. Su tale simbolo centrale della creazione, insieme sportiva e tecnologica, fa presa un’energica configurazione delle dita di una mano. E’ la mano che tenne salda la rotta superba della Scuderia Ferrari per tanti decenni.
Se i cerchi interni della scultura rappresentano le energie creative, amplificate fino a compenetrarsi nell’universo, la spirale esterna della mano, disegna i moti centripeti delle energie emotive e tecniche che mirano alla potenza. La mano, con il quinto dito nascosto nel cuore, accarezza quel pistone, simbolo di potenza e sofferenza e ricorda che il Drake, per non vedere le sue vetture soffrire, disertava gli autodromi durante le gare.
Sovrastante l’intero complesso plastico il volto del Drake con gli occhiali neri: velocità e dominio delle pole positions.
Il suo corpo, proteso verso l’universo, si chiude su di sé, per proteggere, attraverso il dito, il mondo che ha creato e del quale è l’unico dominatore; lui tiene il mondo tra le dita.
Nel suo mondo il mondo rimarrà abbracciato nell’infinito.

Franco Carloni

Mumart: Il Museo Sommerso

MuMart, acronimo che sta per “Museo Marittimo d’Arte”, è un museo sommerso, con statue raffiguranti soggetti legati al mondo marino, posizionate nel fondale del mare di Golfo Aranci, l’unico nel suo genere in Europa. Non ci sono muri, l’unica delimitazione è data dalle reti, che racchiudono uno spazio in cui fauna e flora marina si combinano con le opere d’arte per far vivere al visitatore un’esperienza unica e indimenticabile.

Ancorate sul fondo, fra i 4 e 7 metri di profondità, ci sono le opere di 14 artisti contemporanei di fama internazionale: Angi, Boero, Bricalli, Cardillo, Carloni, Chapalain, Ciccobelli, Cogorno, Kosice, Mustica, Nussbuam, Patterson, Polesello, Sturla. L’acqua azzurra e la magia della fauna e flora del mondo sottomarino del golfo sono l’irripetibile scenografia che circonda le opere.

Per visitare il museo sommerso ci sono tre modi: con il Sottomarino Giallo di Golfo Aranci (avete capito bene, un’esperienza nell’esperienza!), in immersione accompagnati dai Centri Immersione del territorio, o anche semplicemente a nuoto, in snorkeling con pinne, maschera e boccaglio. Il museo si trova sulla parte esterna della laguna formata dalla Terza Spiaggia, verso il mare aperto ma abbastanza vicino da potersi raggiungere dalla spiaggia se si è buoni nuotatori.

Premio C.I.S.D.A.C. 2001

Il C.I.S.D.A.C., Centro Italo Svizzero di Arte Contemporanea, ha premiato nel 2001 Franco Carloni per la sua attività artistica e per aver contribuito allo sviluppo delle relazioni italo-svizzere. Negli anni successivi, l’associazione e l’artista hanno dato vita ad una serie di mostre e di manifestazioni in varie parti d’Italia.

La speranza dell’oggi

La Speranza dell’oggi è una scultura posata nel Museo del Parco di Portofino –  Centro Internazionale di Scultura all’Aperto.

“Il lavoro di Franco Carloni é da anni rivolto ad una ricerca imperniata in un escursus quasi ossessivo intorno alla figura umana intesa nella sua espressione più dolce: l’abbraccio. La tenerezza é un insieme di sentimenti, storie, emozioni, illusioni e certezze.

Quanto questa ricerca porti ognuno di noi ad essere attraversato da differenti e molteplici emozioni é stata la partenza della ricerca artistica del maestro ticinese.

Dalle prime figure, quasi timide in un abbraccio monogamo teso a sicurezze di momentanei accadimenti, la ricerca di Carloni si é spinta sempre più nel mondo interiore di ognuno di noi. Un mondo fatto di fantasie, speranze, storie costruite nella psiche della personalità individuale.”

[Tratto dalla recensione di Daniele Crippa]